Dalle elezioni di novembre, negli Stati Uniti si è aperta una fase nuova e diversa, che ha sorpreso i più e imposto di rivalutare le previsioni per il futuro del Paese. Trump alla Casa Bianca – come ha dimostrato il primo mese di servizio – ha mostrato al momento un approccio e un orientamento decisamente lontani da quelli dei suoi predecessori, che stanno creando tensioni e incertezze lungo tutta la nazione. Tensioni e incertezze che non sembrano mostrare i mercati azionari: sebbene la vittoria del candidato outsider fosse considerata tra i pericoli politici maggiori del 2016, da quando è diventata realtà i listini americani hanno avuto una reazione tutt’altro che scomposta. Dall’8 novembre sono saliti bruciando record su record: la performance ad oggi è quasi +11% per l’S&P 500 e quasi +14% per il Dow Jones.
Questi dati portano già un po’ di stupore, se si considera l’esito delle presidenziali USA. Forse, però, a sorprendere di più è un altro fattore: la calma con cui gli indici azionari si sono mossi finora. Si prendano in esame due indici: il VIX, che misura la volatilità attesa nel breve termine, e il Financial Stress Index, elaborato dalla Federal Reserve e che misura il livello di stress cui i mercati sono soggetti. Questi indici hanno raggiunto e si trovano tuttora vicini ai minimi storici.
Partiamo dal VIX. Da novembre ad oggi il trend è stato decisamente ribassista: dal picco di 22,51 registrato pochi giorni prima delle elezioni è crollato fino al 10,58 di fine gennaio.
Al termine delle contrattazioni di ieri quotava intorno a 12, in rialzo nelle ultime sedute, ma pur sempre al di sotto della media storica di 19,6 e della media degli ultimi 10 anni – pari a 20,7. La volatilità si mantiene quindi oltre il 40% sotto ai suoi livelli medi.
Conclusioni non molto diverse accompagnano il Financial Stress Index: in questo caso, la tensione misurata sui mercati è in fase calante dallo scoppio della Grande Crisi, ma a parte un piccolo rialzo tra fine 2014 e inizio 2016, si è mantenuto sempre nell’area al di sotto dello zero (che rappresenta una condizione di mercato normale). E anche in questo caso, l’indice è sceso ancora di più, avvicinandosi ai minimi storici del 2013-2014.
Riassumendo: i listini azionari salgono e con serenità. Ciò però non deve trarre in inganno; la calma degli operatori non sempre è necessariamente un segno di fiducia, bensì può rappresentare l’attesa di eventi significativi, che possano far voltare pagina ai mercati – in positivo o negativo. Come abbiamo scritto, la presidenza Trump porta molti elementi di incertezza, rispetto ai quali finora gli investitori hanno preferito focalizzare le attenzioni sulle promesse di annunci “fenomenali” riguardanti la tassazione delle imprese. Annunci che non sono ancora arrivati, così come tutte le altre proposte economiche che – quando formulate – permetteranno previsioni più chiare per l’economia a stelle e strisce. Dopo il primo mese di insediamento ufficiale, durante il quale i provvedimenti adottati dal neo presidente sono stati principalmente di carattere politico e sociale, una coltre di nebbia impedisce di vedere nitidamente le reali intenzioni dell’amministrazione in campo economico.
Il discorso che stasera Trump terrà al Congresso potrebbe essere una prima occasione per avere indizi utili a capire quanto durerà ancora questa calma sui mercati.
Per quegli investitori che sono esposti alle azioni USA e temono che l’esito del discorso possa avere impatti negativi sui propri investimenti, una posizione lunga sul VIX può rappresentare una buona difesa.
No Comment