Durante una premiazione presso l’istituto Stiftung Marktwirtschaft a Kronberg in Germania, il ministro delle finanze tedesco – Wolfgang Schauble – ha attaccato apertamente l’azione della BCE: più precisamente gli strumenti non convenzionali di politica monetaria espansiva (acquisto titoli di Stato e obbligazioni Corporate, tasso sui depositi negativo) messi in campo dalla Banca Centrale Europea negli ultimi mesi. Al di la delle reazioni campanilistiche di questo o quel Paese aderente all’Eurozona, ormai spaccata in due con Periferia contro rigoroso Nord, un’analisi scientifica delle cause economiche/finanziarie vedrebbe proprio la Germania come attore protagonista dei recenti squilibri che hanno spinto il mite Governatore della BCE Mario Draghi a trasformarsi in Super Mario.

Se la maggior parte dell’opinione pubblica conosce ormai il principale mandato della Banca Centrale Europea (leggi anche il nostro Articolo – “La deflazione e il bazooka (senza mira) di Draghi”), in pochi hanno compreso le cause di una crescita nulla, se non negativa, dei prezzi dei beni: non è, infatti, solo colpa del crollo dei prezzi del petrolio. Le variabili che governano l’inflazione sono diverse: il prezzo delle materie prime utilizzate dalle aziende nel classico processo di trasformazione è sicuramente importante, tuttavia i consumi-investimenti e il suo alter ego il risparmio, in un’economia matura come quella del Vecchio Continente, risultano essere fondamentali del determinare il livello di inflazione (presente e atteso) e conseguentemente la politica monetaria più opportuna.

Uno degli indicatori economici che sintetizza la propensione al risparmio e il livello di investimenti di uno specifico Stato è il saldo delle partite correnti: un saldo positivo delle partite correnti è associato a un risparmio nazionale superiore agli investimenti e a un credito netto nei confronti dell’estero; un saldo negativo il contrario. Alla pari del famoso indicatore del deficit di bilancio (il cui limite è pari al 3%), il saldo delle partite correnti è altrettanto monitorato dall’Unione Europea : un valore superiore al 6% o inferiore al 4% registrato come media degli ultimi 3 anni è considerato un fattore di disequilibrio macroeconomico.

Un eccessivo saldo positivo, infatti, produce degli squilibri macro-economici: l’attuale livello di inflazione (o meglio di deflazione) dell’Eurozona è anche causa diretta della politica fiscale/economica della Germania, la quale negli ultimi anni ha visto esplodere le esportazioni verso i Paesi aderenti all’Euro e il resto del mondo.

Tabella 1 – Paesi Unione Europea: bilancia commerciale. Totale delle importazioni ed esportazioni verso Paesi Unione Europea e extra Ue

articolofava

La fortissima crescita dell’export unita ad una diminuzione della spesa pubblica ed un aumento dei risparmi (si legga minori investimenti) da parte dei cittadini ha portato lo Stato tedesco ad avere un saldo medio delle partite correnti degli ultimi 10 anni ampiamente superiore al 6,0%. Un’analisi delle principali determinanti di questo sviluppo riporta come l’impressionante crescita dell’export non sia dovuta solo a fattori legati alla qualità del prodotto made in Germany (sicuramente riconosciuto a livello mondiale) ma anche a fattori strutturali dell’economia (bassi investimenti e zero spesa pubblica) che a lungo andare crearanno (e stanno creando) pesanti ripercussioni per l’intera economia dell’Eurozona. Ed è proprio l’Eurozona uno dei segreti di questo sviluppo. Non è infatti un caso che dall’introduzione della moneta unica la Germania abbia sviluppato questo livello di Export: la creazione di un mercato unico e un’unica moneta ha permesso – da un lato – ai prodotti tedeschi di diventare molto competitivi verso il mercato interno (prima svantaggiati da un Marco forte che penalizzava le esportazioni) e dall’altro – approfittando della debolezza dell’Euro – di aumentare notevolmente le esportazioni verso il resto del Mondo.

Grafico 1 – Germania: saldo delle partite correnti rispetto al GDP

articolofava2

Insomma il successo dell’economia tedesca è anche frutto dell’introduzione della moneta unica: i deficit dei paesi della cosiddetta periferia hanno prima finanziato lo sviluppo dell’export tedesco verso il mercato interno (che pesa per il 50% delle esportazioni della Germania), successivamente con la loro debolezza dei conti pubblici hanno contribuito all’indebolimento dell’Euro verso le principali monete mondiali agevolando lo sviluppo dell’export made in Germany.

La Commissione Europea, nel suo report “Country Report Germany 2016” evidenzia i forti squilibri macro-economici in atto e allo stesso tempo richiede, ancora una volta, interventi immediati di politica fiscale. Inoltre il documento sottolinea, quasi sarcasticamente, come lo stesso Paese non abbia fatto nulla per seguire le indicazioni della stessa Commissione. Il non inserimento della Germania nel processo di procedura di infrazione (grazie ad un’analisi svolta su più parametri), relega tali richiami a semplici “consigli”; consigli evidentemente non ascoltati…

Ecco perchè a questo punto SuperMario entra in gioco: i tassi a zero, gli acquisti titoli di Stato e Corporate, le aste TLTRO sono tutti strumenti per far ripartire la macchina degli investimenti (e far spendere il cugino tedesco che prima o poi si stancherà di comprare Bund a 10 anni allo 0%..).

In conclusione, a difesa della Politica monetaria di Draghi, richiamiamo un principio fondamentale: i vantaggi della stabilità dei prezzi, ovvero i costi associati all’inflazione o alla deflazione, sono strettamente legati alla moneta e alle sue funzioni. Mantenendo la stabilità dei prezzi, le Banche Centrali concorrono infatti al conseguimento di finalità economiche più generali. Una Banca Centrale che garantisca la stabilità dei prezzi contribuisce in misura significativa al conseguimento di finalità economiche più generali quali il miglioramento del tenore di vita e il mantenimento dell’attività economica e dell’occupazione su livelli elevati e più stabili.

 

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *