Giovedì è stata una giornata di nuovi massimi per Wall Street e di rimbalzo per le borse europee, dopo un inizio di settimana poco positivo. A guidare i rialzi sono stati non i dati economici provenienti dagli Stati Uniti – richieste di sussidi di disoccupazione meglio delle attese – bensì le dichiarazioni del vulcanico neo presidente Trump. Ieri dalla Casa Bianca è stato promesso un “annuncio fenomenale“ riguardante il nuovo piano fiscale, in arrivo nelle prossime 2-3 settimane. A dire il vero, non si sa altro a parte questo, ma agli investitori sembrano bastare le dichiarazioni – con toni poco istituzionali e molto pubblicitari – per tornare ad acquistare titoli.
Così nell’intraday il Nasdaq ha toccato quota 5.722 punti, il Dow Jones 20.206 e l’S&P 500 è arrivato a 2.310; ergo, nuovi massimi storici e record rinnovati un’altra volta. Al termine delle contrattazioni gli indici hanno chiuso rispettivamente a 5.715 (+0.58%), 20.172 (+0.59%) e 20.308 (+0.58%), sotto il top di giornata ma pur sempre in rialzo.
Il mood positivo ha attraversato l’atlantico e contagiato anche il mercato europeo; una giornata in principio fiacca (se non negativa, come per il FTSEMIB) ha avuto un’accelerazione a seguito dell’apertura in USA, con rialzi finali diffusi e nell’ordine dell’1% – compresa la Borsa di Milano.
In sostanza, è bastata una dichiarazione per muovere tutti i mercati internazionali. Niente di strano, considerato che gli operatori basano le proprie scelte operative in base anche a quello che i personaggi più influenti in politica ed economia asseriscono. Nel caso specifico di questi giorni, è la prospettiva di un forte abbassamento della pressione fiscale per le corporate americane a rendere ottimisti gli investitori: meno tasse vuol dire maggiori utili e aziende più prospere. Quindi titoli più appetibili sul mercato.
Trump è noto per utilizzare espressioni colorite e un po’ eccessive – anche questo, oltre ad altri svariati motivi, lo rende un presidente diverso dagli altri – e il suo annuncio può avere due sviluppi: o ridimensiona nei fatti le promesse o applica un taglio delle tasse molto incisivo.
Nel primo caso i mercati vedrebbero deluse le proprie aspettative, e la conseguenza sarebbe un ritracciamento dei mercati. Ricordiamo che gli acquisti sui mercati USA hanno avuto una spinta tanto forte quanto inattesa già immediatamente dopo le elezioni, quindi è lecito attendersi nel caso uno storno delle quotazioni che compensi i guadagni ottenuti da novembre.
Nel secondo caso la reazione a breve degli operatori sarebbe ancora positiva; ma considerato che i mercati sono in fase toro ormai da 8 anni e continuano a raggiungere nuovi record, quanto durerà questo ottimismo prima che più operatori comincino a pensare “ora i prezzi sono troppo alti” ?
Lo stimolo fiscale arriva in una fase positiva del ciclo economico americano, con il PIL in crescita e un mercato del lavoro definito robusto dagli analisti; anche i ratios sono sui livelli più alti da quando è scoppiata la crisi del 2008, come si può notare dal CAPE di Shiller nella tabella seguente. Un taglio delle tasse per le società non sembra essere così necessario.
Tale misura è più indicata ed efficace nelle fasi di contrazione economica; quindi il rischio è avere anche un’arma di politica fiscale in meno per il futuro, quando il ciclo si invertirà.
Inoltre, ulteriori effetti della messa in pratica delle promesse di Trump sarebbero un rafforzamento del dollaro, evento osteggiato dall’amministrazione, cui si affianca la politica monetaria restrittiva della FED. Ulteriori elementi che gettano qualche ombra sull’effettiva utilità delle mosse del nuovo presidente in campo economico.
Per tutti questi motivi è opportuno non lasciarsi abbagliare da qualche dichiarazione colorita, in quanto le incertezze non sono ancora state eliminate e sono destinate probabilmente a durare anche nelle prossime settimane.
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