L’investimento in “materassi”, dopo che la BCE ha tagliato il suo tasso sui depositi a -0,4%, non colpisce solo i piccoli risparmiatori ma anche i grandi Istituti bancari. La Banca tedesca Commerzbank sta pensando, infatti, di convertire parte della propria liquidità in contanti, per poi parcheggiarla in un caveut. Una provocazione, molto probabilmente. Provocazione che allo stesso stesso tempo porta alla luce una problematica ormai diffusa tra tutte le categorie di investitori: dove investire i risparmi in un mondo di tassi negativi?
Secondo le ultime statistiche, nel mondo, ci sono circa 10 trilioni di dollari di titoli che restituiscono un rendimento negativo; Europa e Giappone sono le due aree economiche dove troviamo la maggior concentrazione di questa fattispecie. Tecnicamente acquistando un titolo che restituisce un rendimento negativo significa accettare una perdita in conto capitale, ovvero ottenere una somma minore rispetto a quella investita.
Grafico 1. Ammontare e percentuale titoli di Stato con rendimento negativo dei Paesi aderenti all’Eurozona. A giugno 2016 circa la metà del debito europeo presenta tassi negativi.
In tale contesto risulta complesso valutare i (veri) rischi delle nostre scelte di investimento. Un processo di investimento con regole solide e ben definite può essere la soluzione di questo enigma.
Prima regola: non investire in obbligazioni con rendimento negativo
Definizione del periodo di tempo per il quale desideriamo conservare l’investimento (holding period) e finalità dell’investimento stesso (tipicamente conservazione potere di acquisto) rappresentano i due assi portanti della fase di allocazione dei risparmi. Dal momento che l’holding period di un investitore retail è il medio-lungo periodo, tale categoria dovrebbe – sempre – cercare di evitare obbligazioni con rendimento negativo.
Cerchiamo di capire le motivazioni alla base di questo ragionamento.
Le obbligazioni, come ogni attività finanziaria, comportano dei rischi. Sicurezza e redditività sono di norma concetti opposti: interessi elevati sono la contropartita di rischi altrettanto elevati, bassi interessi di rischi minori. L’interesse, che viene normalmente corrisposto tramite cedole, è il prezzo che l’investitore pretende per prestare il proprio denaro. La sua funzione è duplice: compensare l’acquirente per la rinuncia a una certa somma di denaro e per il rischio a cui si espone, in quanto l’emittente potrebbe non restituire la somma data in prestito.
Se la rinuncia ad una certa somma di denaro, in un mondo con inflazione negativa, può anche non essere ricompensata, la remunerazione del rischio – al contrario – deve sempre esserci. Investire una somma in un titolo, di Stato o azienda, con rendimento negativo significa accettare implicitamente che il nostro investimento è privo di rischio.
La storia dei mercati finanziari è piena di esempi che ci dicono il contrario: in Finanza il rischio zero non esiste.
Anche per un investimento tattico, di breve periodo, la remunerazione negativa non deve essere accettata: i costi transazionali che sopporta la categoria retail rendono infatti nulli i potenziali benefici di un’operazione speculativa di questo tipo.
Seconda regola: non seguire il rendimento a tutti i costi
L’appiattimento delle curve dei rendimenti dei titoli di Stato denominati in euro, il minore interesse sui bond aziendali (investment grade e high yield) spingono, inconsapevolmente, l’investitore retail ad aumentare i rischi del proprio portafoglio: la ricerca del rendimento a tutti i costi produce, infatti, degli effetti distorti e pericolosi nell’allocazione del risparmio. Aumento sistematico della duration (scadenze sempre più lunghe), sottoscrizione di bond in valuta (paesi emergenti) e acquisto di obbligazioni con profili di rischio “complessi” (strutturati e subordinati) sono i primi passi falsi che vengono commessi. Il risparmiatore non dovrebbe mai perdere l’obiettivo dell’investimento: le mutate condizioni del mercato non possono e non devono modificare e/o stravolgere l’asset allocation strategica costruita sui bisogni del singolo e della famiglia.
Soddisfare i bisogni del nucleo familiare è la stella polare (pianeta) attorno alla quale il rendimento e il rischio (satelliti) dovrebbero impostare una rotazione sincrona: tale fenomeno di rotazione lo troviamo in natura quando il periodo di rotazione è uguale al suo periodo di rivoluzione. Come effetto della rotazione sincrona, il satellite (rischio/rendimento) mostra sempre la stessa faccia al pianeta (bisogni) attorno al quale orbita. Ad esempio, la Luna mostra sempre la stessa faccia alla Terra, indipendentemente dal punto di osservazione sulla Terra. Ecco che il rischio e rendimento del portafoglio dovrebbero sempre “mostrare” la stessa faccia al pianeta; solo una variazione dei bisogni del risparmiatore consente una modifica del profilo di rischio e del corrispondente rendimento target. Per questi fondamentali motivi le mutate del condizioni del mercato finanziario, limitate nel tempo per definizione, non possono e non devono modificare l’asset allocation del portafoglio. Non ascoltare il canto delle sirene del rendimento permetterà di mantenere il giusto equilibrio e passare indenne i momenti più difficili.
Terza regola: diversificazione
L’ultima regola è valida per tutti le stagioni. Ancora più importante quando le condizioni dei mercati finanziari presentano livelli di incertezza/volatilità: la diversificazione. Sui benefici e l’importanza di questo principio fondamentale dell’universo finanziario rimandiamo alla prima parte dell’articolo “Benefici della diversificazione, Capitolo 1: investimento in valuta estera” presente sul sito.
In conclusione possiamo affermare come il rispetto di queste semplici tre regole permetterà di mantenere il rischio del portafoglio coerente con i bisogni dell’investitore (famiglia, azienda o singolo). Attenzione, le sirene del rendimento saranno sempre presenti ogni qual volta ci sarà una scadenza di un titolo da gestire o una nuova liquidità da investire: fatevi aiutare dalle tre regole di NRF, passerete indenni questo tratto di mare volatile.
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