Nel corso del 2016 le obbligazioni corporate dei Paesi Emergenti hanno permesso agli investitori di produrre una solida performance: da inizio anno il ritorno si attesta intorno ad un +12%, con le investment grade che hanno fatto registrare un +9% e le High Yield un impressionante +15%. In questo articolo analizzeremo i driver che hanno guidato tale performance e le dinamiche future dell’asset class.
In un mercato finanziario dove i tassi di interesse e i rendimenti obbligazionari rimarranno a lungo ancorati a valori prossimi allo 0%, i corporate bond dei Paesi emergenti possono non solo rappresentare una buona alternativa per diversificare il portafoglio, ma anche per aumentarne il rendimento medio. Le motivazioni della performance registrata nel corso del 2016 risiedono in una bassa – se non inesistente – percentuale di nuove emissioni sul mercato primario e una strutturale, piuttosto che ciclica, domanda di obbligazioni corporate a livello mondiale.
Le recenti prese di posizione su alcune specifiche aree geografiche hanno prodotto un’inversione della performance: la volatilità registrata nell’ultimo periodo è destinata tuttavia a rientrare, in quanto correlata al movimento delle curve dei tassi dei Paesi sviluppati. L’aumento dei rendimenti dei titoli Governativi in Europa, USA e Giappone, innescato dai dubbi sull’efficacia del QQE giapponese, da un linguaggio meno accomodante espresso da alcuni membri della BCE e non ultimo il tanto atteso aumento dei tassi da parte della FED, hanno innescato un sentimento di risk-off generalizzato.
Ci sono ancora delle buone opportunità sul mercato dei Paesi Emergenti?
Da un punto di vista fondamentale i tassi di default rimangono in termini assoluti su livelli minimi: l’aumento osservato ultimamente è causato in particolare da posizioni in Sud America. I tassi di default sono attualmente al 3,5%, contro un 5,5% dei paesi sudamericani.
Da un punto di vista tecnico evidenziamo come le emissioni in valuta estera (principalmente e quasi esclusivamente in dollaro statunitense) siano una merce rara sul mercato e come i rimborsi del 2016 molto probabilmente supereranno le nuove emissioni. Tale offerta netta negativa produce delle pressioni tecniche al rialzo sui prezzi che dovrebbe continuare anche nel corso dei prossimi mesi. Per questo motivo il programmato aumento dei tassi negli Stati Uniti, che storicamente ha prodotto molta volatilità sui mercati dei Paesi Emergenti, non spaventa più di tanto.
Un altro trend che conforta la view positiva su questo tipo di asset class in valuta cosiddetta forte è rappresentato dal costante e significativo miglioramento dei rischio di credito rappresentato da livelli di rating medi molto vicini a quelli delle economie sviluppate.
Sulla base di queste evidenze riteniamo improbabile che la (super)performance registrata fino ad oggi possa continuare anche nei prossimi mesi; pensiamo altresì che il recente sell-off sul mercato abbia suonato un primo campanello di allarme. La recente debolezza non dev’essere però necessariamente interpretata come l’inizio di un de-risking strutturato sul settore; può rappresentare invece una buona opportunità di ingresso per investitori che mirano a una diversificazione del rischio e a un miglioramento del profilo di rendimento. Rendimento che per questa asset class in termini prospettici sarà più legato di prima al tasso cedolare.
No Comment