Il 2016 sui mercati finanziari verrà ricordato come l’anno dei record. L’anno dove gli eventi politici, economici e sociali più importanti della recente storia moderna si sono concentrati in pochissimi mesi e hanno guidato – non senza sorprese – l’andamento dei mercati finanziari globali.
Il fantasma del passato del Vecchio Continente è stato il primo a fare visita: la voglia storica di indipendenza della Gran Bretagna unita ad una campagna elettorale sostenuta da venti populisti hanno spinto gli inglesi a votare per l’uscita dall’Unione Europea. Nell’estate 2016, Brexit ha così colpito. I mercati finanziari hanno reagito da prima molto male (l’evento era, infatti, altamente inaspettato) con il crollo immediato della Sterlina, la corsa ai titoli di Stato e diffuse vendite sull’azionario Europeo (derivante dal timore di possibili altre uscite dal progetto europeo); dopo pochi giorni, sulla scorta dell’intervento delle Banche Centrali, gli stessi mercati finanziari hanno trovato un equilibrio e la volatilità è rientrata nella media. Resta tuttavia una grande incertezza legata ai rapporti commerciali e politici tra Gran Bretagna e UE nel prossimo futuro, permane l’incertezza legata agli investimenti in un Paese ormai fuori dal secondo mercato commerciale mondiale (Unione Europea), echeggia il crollo della Sterlina contro le principali divise. Il fantasma del passato ha così fatto la sua prima vittima: il popolo inglese. Lo stesso popolo che ha voluto Brexit senza lontanamente capire gli effetti di una decisione di tale portata.
Il fantasma del presente arriva dagli Stati Uniti. Una delle peggiori campagne elettorali della storia (insulti, accuse di basso livello, attacco da parte di hacker russi, intervento a gamba tesa della CIA, mailgate, promesse fantasiose, scambio di cartelle cliniche…) partorisce il candidato alla Presidenza USA che non ti aspetti: il miliardario Donald Trump. Novembre 2016, il popolo ha deciso: il Tycoon americano è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Quello che in campagna elettorale era stato accusato di abusi sessuali, lo stesso che aveva offeso e insultato praticamente tutte le razze del mondo (poveri messicani…), quello che aveva promesso di stravolgere la politica estera. Insomma un disastro annunciato. E invece? Lo spot “Make America great again” e “America first”, uniti ad una promessa di politica fiscale super-espansiva, hanno convinto il mercato; anzi più che convinto ha scatenato l’euforia tra gli operatori. In un mondo finanziario ormai rassegnato alla stagnazione secolare e alla crescita zero dell’inflazione, il crack che non ti aspetti arriva dal miliardario “matto”. Sono bastate alcune sue dichiarazioni sulla ricostruzione del sistema infrastrutturale domestico (ponti, strade, scuole, ferrovia) per rilanciare i tassi della curva americana ormai alle prese da troppo tempo con una FED mai chiara e sempre in modalità di attesa. I mercati azionari, manco a dirlo, hanno messo a segno uno dei più impressionanti rally della storia: tutti i principali indici statunitensi, dalla data delle elezioni, hanno continuamente aggiornato i massimi storici, i ratios delle società sono stati ricalcolati in base alle nuove stime di crescita economica scoprendo che quello che prima era “caro” ora è – forse – cheap. L’onda di acquisti non si è fermata al solo suolo statunitense, ma ha coinvolto tutto il mondo con i prezzi delle materie prime, da anni ormai in trend negativo, che hanno rialzato prepotentemente la testa. In una parola: Trumpeconomics.
Ed ecco arrivare il fantasma del futuro, o meglio del ritorno al futuro: siamo a fine anno e il mercato Europeo è in apprensione per colpa del sistema bancario italiano. Ancora? Ma non era tutto risolto? Eh no, soliti problemi, vecchie abitudini, nuove soluzioni. La più vecchia Banca del mondo decide di lanciare la più importante ristrutturazione della sua pluricentenaria storia (aumento di capitale, conversione bond subordinati, cessione crediti deteriorati, cartolarizzazione) a cavallo tra il referendum costituzionale italiano – sappiamo tutti com’è finita – e il fine anno. Importo dell’operazione pari a circa 5 miliardi di euro, capitalizzazione di borsa della Banca poco più di 500 milioni di euro. Auguri, verrebbe da dire. Risultato: saltato il piano di ristrutturazione privato, entra lo Stato. Per quanto concerne il “come” tecnicamente lo Stato entrerà è ancora da definire o meglio da concordare con UE e BCE. Il “quanto” verrebbe da pensare 5 miliardi… e invece BCE ha chiesto di più, molto di più: prima 8,8 mld, poi 7,7.
Insomma, è stato stilato il manuale del cosa NON fare in caso di crisi di una Banca:
- Capitolo 1: non lanciare un aumento di capitale pari a 10 volte la capitalizzazione di Borsa a 20gg della fine dell’anno (non perché si sparino i fuochi l’ultimo dell’anno…);
- Capitolo 2: non pianificare un aumento di capitale dopo un appuntamento politico che può creare instabilità;
- Capitolo 3: BCE, dovresti contenere la volatilità sul mercato… non crearla come un hedge fund.
Questi sono i tre fantasmi che nel 2016 hanno fatto visita alla casa del mercato finanziario: la loro influenza si sentirà anche e soprattutto nel nuovo anno. Analizzarne gli effetti, le problematiche, i punti di forza e le criticità potrebbe rilevarsi molto utile per anticipare i futuri trend di mercato.
2 Comments
Fai sempre riferimento al “mercato” come un’entità personificata e quasi divina: una forza superiore e trascendente che interpreta, che vede che scommette, che agisce, che si esalta e che si deprime. La cultura del mercato e della finaziarizzazione ci ha fatto perdere di vista le principali dimensioni del vivere su questo pianeta. Ecco perchè oggi viviamo in un’epoca del caos e del crimine: si è perso il telos, lo scopo, tutto è condizionato dalle valutazioni del mercato e quando cerchiamo di capire cosa vuole e può la gente ci ritroviamo in pasto ai “populisti” senza nè destra nè sinistra, nè centro ma con tante periferie di miserie che crescono e diventano tsunami di violenza e crimine. Recuperiamo la visione del bene comune a prescindere dai mercati!
Il Mercato non è altro che l’insieme di tutte le variabili presenti sul sistema: pensiero/i umano, eventi naturali, eventi politici. La componente umana è ovviamente preponderante. Ne consegue che se non ci “piace” il mercato, in ultima analisi, significa che non ci piace il pensiero umano. Arrivati a questo punto è facile capire dove e contro chi puntare il dito.