È trascorso quasi un anno dal 17 marzo 2016, quando il Ceo di London Stock Exchange Group, Xavier Rolet, ha annunciato l’accordo tra LSE (borsa valori con sede a Londra, nata nel 2007 dall’aggregazione con Borsa Italiana) e Deutsche Börse (borsa valori tedesca con sede a Francoforte) per una loro fusione del valore di 26 miliardi di euro.

Operazione che, secondo le stime, doveva completarsi tra la fine del 2016 e i primi mesi del 2017 con l’obiettivo di creare una nuova super borsa valori del vecchio continente, in grado di competere con i listini americani in termini di volumi e capitalizzazione di mercato.

I problemi su questo tema iniziarono a settembre 2016, quando la Commissione europea aprì un’indagine sulla proposta presentata dai due gruppi. Indagine avviata per la paura che la fusione tra le tre principali borse europee (inglese, tedesca e italiana) potesse mettere in pericolo la libera concorrenza in un settore considerato fondamentale.

La Commissione europea, al termine dell’indagine, ha imposto a LSE Group una condizione per ottenere parere favorevole a concludere l’affare con Deutsche Börse: deve cedere Mts, la piattaforma di Borsa Italiana per la contrattazione dei titoli di Stato Europei, considerata da LSE strategicamente fondamentale.

Infatti, la società inglese ha cercato di negoziare su questa richiesta proponendo alla Commissione la cessione di Lch Sa (la cassa di compensazione del London Stock Exchange) a Euronext. La proposta non sembra aver trovato un parere positivo da parte della Commissione, la quale ha ribadito la propria posizione sulla vendita di Mts che, però, trova la società londinese non particolarmente disponibile, al punto di mettere a rischio l’intera fusione. Infatti, Mts rappresenta un’attività di importanza sistemica in Italia (gestendo un patrimonio pari a 3,3 trilioni di euro) e le attività italiane rappresentano una fetta importante del fatturato di LSE Group. Inoltre, come dichiarato dal consiglio di LSE Group, un’eventuale dismissione di Mts richiederebbe il via libera da parte delle autorità di controllo italiane e ulteriori approvazioni dalle authority difficili da ottenere secondo colloqui già intrapresi.

Un’ulteriore ipotesi sull’irrigidimento da parte della Commissione può essere dovuta alla Brexit e ai rapporti non più idilliaci tra Governo inglese ed Eurozona, con quest’ultima che non vorrebbe il proprio mercato di scambio principale all’esterno del mercato unico europeo e mirerebbe a far saltare un possibile accordo con la Deutsche Börse.

Fusione, quindi, sempre più in bilico; inoltre, domenica 26 febbraio LSE ha ufficializzato l’intenzione di non volersi privare della piattaforma italiana per via  di tutti i motivi evidenziati in precedenza. Notizia che ha fatto reagire i mercati negativamente, facendo scendere i titoli delle due borse durante la mattinata di lunedì. L’affare non sembra, però, essere saltato definitivamente: LSE e Deutsche Börse hanno inviato infatti una nuova proposta alla Commissione. Le due parti attenderanno la valutazione definitiva prevista entro la fine di marzo restando altamente fiduciose, consapevoli della forza del business e delle strategie elaborate, e intraprenderanno tutte le azioni possibili per cercare di concludere l’affare.

Nel caso in cui l’esito dell’operazione fosse negativo, si aprirebbero le porte di uno scenario molto interessante per quanto riguarda Piazza Affari, dal momento che LSE Group potrebbe decidere di valorizzare la piazza milanese concentrandovi il mercato europeo (regionale) e mantenendo quello globale nella City.

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