L’Agenzia canadese di rating ha tagliato il merito di credito dell’Italia: i titoli di Stato italiani passano da una valutazione di singola A-low ad una di BBB-high. Il giudizio, riferisce il Report di DBRS, riflette, una fragilità dell’attuale quadro politico quale effetto e conseguenza del risultato referendario dello scorso 4 dicembre, il combinato di una crescita che resta debole e di un debito che continua a limitare la flessibilità della politica di bilancio.

Al taglio del rating si sono succeduti i consueti commenti da parte dell’opinione pubblica, economisti e politici: l’Agenzia sbaglia, il sistema Italia è solido, è colpa del Governo se siamo stati declassati, le Agenzie di rating hanno troppo potere (ricordo le inchieste dei PM della Procura di Trani contro le Agenzie di Rating nel lontano 2012). Insomma il solito minestrone senza condimenti.

Questa volta è diverso. Il sistema non funziona più. Non per colpa delle Agenzie di Rating. I colpevoli, come molti pensano, non sono loro. Non è infatti possibile contestare in diritto un giudizio – soggettivo – sul merito di credito di un emittente: il team di debito dell’Agenzia DBRS ha valutato che secondo i propri modelli quantitativi e i giudizi qualitativi dei loro analisti, le probabilità che l’Italia non faccia fronte alle proprie passività sono aumentate. Come possiamo affermare che si sbaglia o che ha ragione? E’ un giudizio, non è possibile. Inoltre se analizziamo la serie storica delle Agenzie di Rating troviamo come le percentuali di affidabilità dei lori giudizi siano molto elevate (certo, i casi Lehman Brothers non mancano…).

Il sistema non può funzionare, non più.

Perché allora questa volta è diverso? E’ diverso perché il giudizio di DBRS, e quello delle altre Agenzie in passato, ha causato un peggioramento della capacità del sistema bancario italiano di fare affidamento sulla liquidità garantita dalla Banca Centrale Europea (BCE). La prima stima parla di circa 10 miliardi in meno. In breve: la BCE, al fine di applicare/trasmettere la propria politica monetaria, garantisce al sistema bancario europeo un certo livello di liquidità; liquidità che deve essere garantita, dagli istituti bancari che la richiedono, da strumenti finanziari (quali i titoli di Stato). A seconda del rating assegnato dalle cosiddette ECAI (external credit assessment institution), di fatto per i rating sovrani parliamo esclusivamente delle quattro più famose Agenzie, il collaterale posto a garanzia della liquidità dovrà essere più o meno maggiore. Il taglio del rating dell’Italia da parte DBRS ha comportato un immediato aumento del collaterale o diminuzione di liquidità di circa 7-8 punti percentuali (come da tabella: a seconda della vita residua dello strumento finanziario portato come collaterale, vi sono differenti percentuali/haircut). Ecco allora che il livello di rating diventa fondamentale; questo significa lasciare nelle mani delle Agenzie di Rating, soggetti privati autorizzati, un potere che può decidere le sorti di un’economia (i 10 miliardi di cui sopra non saranno presumibilmente riversati sull’economia reale per finanziare i progetti delle imprese italiane). Ancora una volta le Agenzie c’entrano poco o niente. E’ fondamentale capire chi e come ha dato tale potere alle Agenzie: la risposta è semplice, le stesse banche centrali. Nel nostro caso BCE.

Di chi è la colpa?

Nel 2012 l’Italia, che allora non era retata da DBRS, aveva subito un epilogo simile. Il contesto era ancora più complicato: crisi di Governo, spread con i titoli tedeschi ai massimi storici, riforme ancora tutte da completare. Ebbene anche allora le Agenzie di rating venivano accusate. Non è cambiato nulla. Oggi, tuttavia, memori delle esperienze passate, avremmo dovuto trovare una banca centrale più pronta. In pochi lo ricordano ma uno dei progetti, promosso dalla stessa BCE dopo i fatti del 2012, era quello di creare un’Agenzia Europea di Rating: lo scopo era quello di rompere l’oligopolio presente sul mercato che crea, per definizione, distorsioni (pensate , ad esempio, quanta pubblicità indiretta stia ricevendo la giovane Agenzia canadese o quanta decisiva sia stata la sua valutazione per il sistema Italia). Le regole del gioco le ha scritte BCE, non le Agenzie di Rating. In quattro anni se ne potevano impostare di nuove atte a “correggere” il giudizio delle Agenzie. Era infatti possibile, almeno per i rating sovrani, utilizzare il valore dei contratti di credit default swap (contratti scambiati dagli operatori sul mercato finanziario e quindi indipendenti) per correggere il giudizio finale che viene utilizzato nelle tabelle degli haircut dalla banca centrale. Avremmo scoperto che il mercato sconta un rischio Italia stabile negli ultimi 18 mesi (si veda grafico) e quindi una probabilità di default invariata.

Altre soluzioni potevano e dovevano essere ricercate e sviluppate.  Il meccanismo di legare la trasmissione della politica monetaria attraverso il solo utilizzo di rating rilasciati da società private che operano in un mercato inefficiente (oligopolio), mina l’intero sistema finanziario, pone dubbi sull’efficacia della politica monetaria stessa e mette – in ultima analisi – a rischio il futuro dell’Eurozona.

Cosa fare?

In conclusione se da un lato è giusto riconoscere il valore del giudizio dell’Agenzia DBRS, dall’altro non è più sostenibile legare il destino della trasmissione della politica monetaria della BCE ad un mercato dove operano quattro soggetti privati in regime di oligopolio. A rischio non c’è solo il destino dell’Italia, ma la credibilità della banca centrale; questo concetto è ancora più valido all’interno dell’Eurozona dove i diversi membri si finanziano con costi e modalità diverse.

La soluzione di utilizzare un correttore per i rating, quale il CDS, appare una soluzione immediata e facilmente implementabile; la creazione di un’Agenzia Europea del rating una necessità non più procrastinabile.

 

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