Nel mese di ottobre l’Arabia Saudita si rivela protagonista non solo del mercato petrolifero, ma anche di quello obbligazionario. Il 19 ottobre, infatti, Riyadh si è finanziata per la prima volta sul mercato internazionale, con un emissione di bond da record. Con un volume di ordini pari a 67 miliardi di dollari, sono stati collocati sul mercato 17,5 miliardi di dollari di obbligazioni rendendo l’emissione la maggiore mai eseguita in un mercato emergente – superando anche quella da 16,5 miliardi dell’Argentina di inizio 2016.

L’emissione è stata suddivisa su tre diverse scadenze: 5, 10, 30 anni, con rendimenti rispettivamente pari a T+135, T+165 e T+210 (punti base di rendimento aggiuntivi rispetto ai Treasuries americani di pari scadenza).

L’accesso al mercato internazionale ha richiesto un notevole sforzo da parte dello Stato saudita, che ha dovuto allinearsi agli standard internazionali soprattutto per quanto riguarda la trasparenza: ad esempio, ha dovuto rilasciare dati economici ufficiali tra cui il livello di indebitamento, di deficit e l’ammontare delle riserve petrolifere.

Gli investitori che hanno analizzato l’economia del Paese hanno potuto compararne i dati economici con quelli del Regno qatariota, che ha un’economia molto simile ed aveva già emesso obbligazioni sul mercato internazionale.

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Fonte: Moody’s & S&P

Sicuramente il maggior rendimento richiesto dagli investitori rispetto alle emissioni del Qatar non è dovuto solamente ad un rating peggiore, ma anche ad ulteriori importanti fattori tra i quali:

  • le prospettive future del Paese che, in seguito al crollo dei prezzi del petrolio, ha visto aumentare il proprio deficit portandolo ad un livello maggiore rispetto a quello di Doha;
  • una futura maggiore necessità di emettere debito sul mercato;
  • il fatto che questa era l’emissione inaugurale sul mercato internazionale;
  • la recente approvazione negli Stati Uniti del “Justice Against Sponsors of Terrorism Act (JASTA)” che potrebbe implicare in futuro che queste attività vengano sequestrate da parte dei tribunali americani per risarcire le vittime del terrorismo – anche se questa opzione risulta al momento molto remota.

Informazioni che senza dubbio sono state valutate positivamente dagli investitori sono state il bassissimo livello di indebitamento a livello internazionale, l’età molto giovane della popolazione e la recente decisione da parte del Regno saudita di intraprendere un programma esteso di riforme che porti il Paese ad essere molto meno dipendente dal petrolio (dall’80% attuale al 50% nel 2030). Tra gli aspetti importanti di questo programma che è stato nominato “Saudi Vision 2030” troviamo anche una forte promozione del settore privato al momento poco sviluppato. Tra i principali obiettivi troviamo:

  • Aumentare la competitività del Paese;
  • Aumentare gli investimenti esteri diretti dall’attuale 3,8% del PIL al 5,7% (valore medio internazionale);
  • Sviluppare il settore privato portandolo a contribuire per il 65% del PIL dall’attuale 40%;
  • Aumentare le esportazioni non legate al petrolio;
  • Aumentare le entrate governative non legate al petrolio;
  • Diminuire la disoccupazione al 7% dall’attuale 11,6%;
  • Aumentare la partecipazione delle donne nel lavoro al 30% dal 22% attuale.

Il programma risulta sicuramente molto aggressivo, ma il forte controllo statale e la possibilità per Riyadh di finanziare le misure richieste sul mercato internazionale dovrebbero agevolarne l’applicazione.

L’economia saudita risulta comunque attualmente in crescita – anche se l’FMI ha diminuito la sua stima per quest’anno all’1,2% a causa della forte diminuzione del prezzo del petrolio, mentre per il 2017 la stima di crescita è pari al 2%.

L’emissione dell’Arabia Saudita è stata sicuramente un successo per il Paese ed ha dato anche un buon segnale per tutti gli investimenti nelle economie emergenti. Per permettere l’acquisto dei titoli sauditi non si sono infatti verificate vendite consistenti su titoli obbligazionari di questi mercati, bensì un aumento dell’allocazione a questa tipologia di attività all’interno dei portafogli.

I titoli sono stati quotati sia sul mercato irlandese che su quello tedesco ma rimangono riservati ad investitori istituzionali e professionali considerato anche il minimo investimento di EUR 200.000 per soggetto.

Nonostante il rating elevato del Paese, risulta comunque importante ricordarsi che il regno saudita fa parte dei Paesi emergenti per i potenziali rischi a cui è soggetto, tra cui la pericolosità dell’area geografica circostante, il forte controllo dello Stato centrale che, nel caso in cui venisse a mancare, potrebbe portare a forti problematiche sociali ed economiche e la forte dipendenza della sua economia dal petrolio. Proprio quest’ultimo sarà una delle maggiori variabili ad influenzarne il prezzo giornalmente insieme ai progressi nell’esecuzione del piano governativo “Saudi Vision 2030”.

L’inserimento di obbligazioni Saudite all’interno di portafogli d’investimento resta pertanto consigliato a investitori istituzionali o professionali con portafogli sufficientemente ampi, tali da garantirne un’elevata diversificazione.

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